Le 4 abitudini dei negoziatori efficaci… + 1 nell’ottica genitori e figli

Tutti negoziamo da come ci svegliamo a quando andiamo a dormire, tutti negoziamo, chi in maniera più efficace e chi meno. Tutti ci relazioniamo con persone il cui aiuto è fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi.

Tempo fa ho scritto e pubblicato su linkedin (link) un articolo sulle 4 abitudini che accomunano i negoziatori più efficaci, sia che si tratti di negoziatori professionisti (nel senso che lo fanno proprio di mestiere) sia che si tratti di… chiunque altro.

Tutti negoziamo da come ci svegliamo a quando andiamo a dormire, tutti negoziamo, chi in maniera più efficace e chi meno. Tutti ci relazioniamo con persone il cui aiuto è fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Come scrivevo durante una giornata si svolgono trattative tra lo staff medico dell’ospedale ed i familiari dei pazienti; battaglie a porte chiuse per giochi di potere all’interno di società; sessioni di trattative tese tra i dirigenti delle società ed i dipendenti; e sopratutto discussioni che prendono a tavola tra genitori e figli per dare un nuovo e più ampio significato a parole quali “indipendenza” e “responsabilità”.

Le 4 abitudini di cui ho scritto non solo sono declinabili nell’ambiente domestico, sono dei tasselli fondamentali per la buona relazione ed il raggiungimento degli obiettivi educativi che, come genitori, ci proponiamo di raggiungere.
Vediamole singolarmente e decliniamo nell’ambito familiare (come al solito utilizzerò esperienze dirette per portare esempi)

1. Determinazione nel prepararsi. I negoziatori che hanno creato procedure e sistemi formali di preparazione raggiungono migliori accordi, rispetto a coloro che non si preparano o si preparano superficialmente.

Ogni genitore sa in anticipo quali sono le questioni sulle quali i propri figli richiedono attenzione e maggiore coinvolgimento decisionale o una sempre maggiore autonomia decisionale.  Mi preparo con largo anticipo, che non significa preparare cosa risponderò, o sul “tema” che dovremo affrontare.
Nella relazione con i figli la vera preparazione è quella che coinvolge il nostro sistema valoriale, le nostre emozioni ciò che vogliamo e ciò che non vogliamo, così come quello dei nostri figli.
È importante comprendere l’importanza “sociale” per i nostri figli, se per me una cosa è poco importante, nel mondo delle mie figlie può assumere un peso specifico che non posso sottovalutare (pena sminuire mia figlia, con tutte le conseguenze sull’autostima). Arianna corre spedita verso l’adolescenza, su certi aspetti già mostra i primi comportamenti e pensieri da pre-adolescente e quindi iniziano le prime richieste.

Tra queste inizia a farsi sempre più insistente quella del cellulare, sulla quale io e mia moglie abbiamo fatto fronte comune in quanto contrari.

Quindi sono preparato, e continuo a prepararmi:
– perché sono contrario?
– cosa voglio insegnarle?
– quale è l’obiettivo educativo che sto perseguendo con questo no?
– quanto è importante per me?
– potrebbe esserci una utilità per A. ad avere il cellulare alla sua età?
– come mi fa stare o cosa provo di fronte a questa richiesta?
– cosa spinge A. a chiedere il cellulare?
– quanto è importante per lei?
– quali sono le concessioni che posso fare e che non si scontrano con i miei valori o vanificano il mio obiettivo educativo?
– ci sono suoi compagni di classe con il cellulare? Se sì, chi sono, quanti e perché? Ecc. ecc.

Ho analizzato a fondo la questione, e quando ne abbiamo parlato ero pronto ad accogliere il suo punto di vista, riconoscendo la legittimità del suo punto di vista e, poi, spiegare le ragioni del no attuale al cellulare.
L’ha presa bene? No, a chi piace ricevere un no, anche se ben motivato.
Non ci sono state discussioni, pianti o castighi.
Ciascuno è rimasto con le proprie opinioni e con la consapevolezza delle opinioni dell’altro.
Ha imparato qualcosa di nuovo? Molte cose ed ha iniziato ad interrogarsi sull’utilità per lei del cellulare (abbiamo condiviso che lo vorrebbe solo per fare i giochini, al che abbiamo trovato un accordo parallelo… sul quale tornerò in un altro post).

2. Avere alte aspettative. Le alte aspettative sono una combinazione esplosiva tra la specifica definizione di obiettivo e l’impegno personale alla performance elevata. Per migliorare i risultati della negoziazione, è necessario prendere l’abitudine di riflettere attentamente sull’intera gamma di risultati “giusti e ragionevoli” , quindi sviluppare l’aspettativa che si raggiungano risultati nella parte alta di tale intervallo.

Elemento legato e dipendente alla preparazione. Prima di sedermi al tavolo di una negoziazione fisso in alto l’asticella delle aspettative. Un livello elevato che sia in equilibrio tra la sfida e la raggiungibilità.
Attenzione, l’aspettativa è su di me e sulle mie performance e sull’obiettivo che voglio raggiungere (non sul comportamento dell’altro).
Con i figli la questione è molto più delicata perché il tutto coinvolge anche la sfera dell’affettività. È facile cadere nell’errore per cui in quanto adulti sappiamo cosa è meglio (secondo noi) per loro e dimenticare i propri obiettivi educativi e del “tema specifico”; senza dimenticare che c’è, o ci dovrebbe essere, un obiettivo che accomuna tutti i genitori: la salvaguardia della relazione.
Quindi il mio impegno non è tanto nel controllare Arianna o Ginevra, quanto nel mostrare loro il mio punto di vista ed i motivi che mi spingono verso una certa direzione (il tutto ovviamente nei modi e nelle forme comprensibili per le rispettive età) e per farlo devo, prima di tutto, mettermi nella disponibilità di ascoltare e comprendere il loro punto di vista.
E più la mia prestazione di ascolto e comprensione è elevata, più facilmente raggiungo i miei obiettivi.

 3. Ascoltare. Le informazioni sono potere. I grandi negoziatori seguono una differente pratica: pongono domande, testano di aver compreso, riassumono la discussione e ascoltano, ascoltano, ascoltano.

C’è una profondità differenza tra sentire ed ascoltare. Sentire è l’atto passivo in cui i suoni stimolano il nostro apparato uditivo. Ascoltare significa andare oltre i suoni e, complice la presenza e l’interesse verso l’altro, comprendere quello che è il punto di vista, il messaggio e le emozioni di chi abbiamo di fronte.
Lo si può fare anche con i figli molto piccoli. Penso alla mia secondogenita Ginevra che si sta confrontando con le emozioni forti e la frustrazione. Con lei la Negoziazione è al 90% emotiva, ambito in cui (in genere) i papà sono più in difficoltà rispetto alle mamme.
Se mi limitassi a sentire, mi irriterei nel sentirla piangere o, quando al posto di dormire, chiama e fa la sciocca.
Quando si comporta così io mi avvicino (lentamente, mi deve “autorizzare” ad entrare nel suo spazio) a lei e la osservo ed ascolto, mi impegno a leggere i “messaggi” che mi invia, non tanto quelli che verbalizza, ma proprio quelli che stanno dietro.
Dopo di che inizio a chiedere le cose, verbalizzo le emozioni che esprime (così che possa imarare a dare un nome a quello che prova) oppure chiedo conferma delle richieste che esprime. In pratica entro nel suo mondo in punta di piedi.
Solo così ottengo il diritto di parlare e… negoziare con lei.
La ascolto non solo con le orecchie, ma con gli occhi, con il corpo, con le emozioni.

 4. Impegnarsi all’integrità personale. I grandi negoziatori sono affidabili, vivono l’integrità nella trattativa come una vera e propria attitudine più che come una serie di precetti

Se c’è una cosa che un genitore può fare per distruggere il rapporto con i figli è non essere affidabile. Se io prendo un impegno lo porto a termine, soprattutto se quell’impegno l’ho preso con una delle mie figlie.
Così insegno a loro che di me si possono sempre fidare e sanno che se prometto mantengo. Abitudine che ho iniziato ad allenare fin da quando Arianna era piccolissima. Non le promettevo che sarei andata a prenderla all’asilo se non quando ero sicuro al 1000% di riuscire a farlo.
Crescendo le cose cambiano, ma l’integrità no, deve rimanere uno dei punti fermi del rapporto genitore figlio, a qualunque età.
In ambito negoziale, tuttavia, la grande lezione l’ho appresa in senso negativo.
Una volta Arianna insisteva per guardare la televisione (ha dei limiti stringenti sull’uso) ed io (anche poco preparato) mi sono fatto scappare un “dopo cena sì”.
Il fatto è stato che il dopo cena è arrivato, e le ho detto no.
Ecco abbiamo avuto la terza guerra mondiale in casa, non tanto per la televisione in sè, bensì per il “me lo avevi promesso!”.
Ci ho messo un pò ha ricostruire la fiducia con Arianna.
Quindi non promettere se non siete certi al 100% di poter/voler mantenere la promessa.

5. Sapere dire no e sapere dire sì. Il valore dei sì che diciamo è dato dal valore dei no che diciamo. Questo vale tanto nel lavoro quanto, e forse sopratutto, con i figli.

Noi genitori spesso abbiamo l’abitudine di dire no senza un motivo specifico, quasi per abitudine. Così come siamo propensi a dire sì quando siamo stanchi e non vogliamo discussioni.
Il problema, in entrambi i casi, è che i figli poi ci vengono a chiedere il conto e sono più determinati di equitalia.
Ricordo che tempo fa Arianna mi ha fatto una richiesta. Non ricordo neppure di cosa si trattasse tanto era importante per me (paradossalmente ricordo che stavamo scendendo le scale).

Ecco come è andata:

Io: “no”
Arianna: “…maddai?!?!?!”
Io: “ho detto, no!”
Arianna: con una calma che raramente ho percepito: “Papà perchè mi stai dicendo no?”:
Io: “…”
Ci ho riflettuto un pò, effettivamente non c’era alcun motivo valido (almeno per me) per poterle dire di no.
Io: “hai ragione Arianna, non ho nessuna ragione valida per dirti di no. Quindi sì”
E poi abbiamo parlato delle modalità di “esecuzione” della sua richiesta.
Quante volte diciamo no, senza una ragione, così come quante volte diciamo sì  per “quieto vivere”.
Ecco smettiamola! Il valore del sì è dato dai no che diciamo, e viceversa.
Oggi mi pongo regolarmente questa domanda:
Se mi viene da rispondere no: “c’è una qualche ragione valida per dire no?”

* * *

Rendere queste 4 abitudini parte integrante del proprio essere significa fare proprio del processo negoziale con i figli un momento meraviglioso di crescita reciproca e del rapporto.

E tu cosa farai di fronte alla prossima richiesta che ti farà tuo/a figlio/a?
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