Non confondere obiettivo negoziale e “punto di caduta”

Avere un obiettivo chiaro è il primo fondamentale passo per poter raggiungere ciò che si vuole tanto al tavolo delle trattative, ed anche fuori.

Del resto ce lo ricorda lo Stregatto, o Gatto del Chesire:

“Micio del Cheshire, […] potresti dirmi, per favore, quale strada devo prendere per uscire da qui?”
“Tutto dipende da dove vuoi andare,” disse il Gatto.
“Non mi importa molto…” disse Alice.
“Allora non importa quale via sceglierai,” disse il Gatto.
“…basta che arrivi da qualche parte,” aggiunse Alice come spiegazione.
“Oh, di sicuro lo farai,” disse il Gatto, “se solo camminerai abbastanza a lungo.”

Avere un bersaglio cui tendere e mirare è la condicio si ne qua non per una trattativa di successo.
Insieme all’obiettivo, nella fase di preparazione della negoziazione, è importante definire anche il limite minimo sotto il quale non si è disposti ad scendere. Il c.d. punto di caduta o walk away price.

L’obiettivo è ciò che si vuole realmente, “la più alta e legittima aspettativa che dovresti avere” (Shell);
il punto di caduta è quel confine oltre il quale non sei disposto ad andare in quanto la negoziazione non ha più alcuna utilità.

Entrambi sono elementi importanti di ogni negoziato poiché forniscono, da un lato, la direzione e la motivazione e, dall’altro, mantengono il negoziatore con i piedi per terra: il punto di caduta salva il negoziatore dalla spirale negoziale che può condurre ad accettare qualsiasi esito; anche quell’esito che vanificherebbe il raggiungimento formale dell’obiettivo. Data la loro importanza occupano una parte centrale nella fase di preparazione del negoziato.
L’emotività propria di ogni trattativa determina il rischio che i due elementi si confondano ed il punto di caduta sostituisca l’obiettivo nell’attenzione del negoziatore; questo può accadere a causa di un “bug” del nostro sistema mentale.
L’essere umano ha limitate capacità di mantenere l’attenzione su una pluralità di elementi – il multitasking è una bella menzogna – sopratutto nelle situazioni complesse e stressogene. Durante una interazione stressante la persona tende a fissare la propria attenzione su di un singolo punto focale, che psicologicamente parlando, appare il più significativo. È significativo, per la nostra mente, tutto ciò che, da un lato, ci fa utilizzare il minor quantitativo di energie cerebrali, e, dall’altro, tutto ciò che riduce il “dolore” o aumenta il “piacere”.

I negoziati sono sempre situazioni caratterizzate dallo stress in quanto interazioni strategiche volte al raggiungimento di obiettivi personali che necessitano l’ausilio di altre persone. In tali situazioni se ci sforziamo di tenere a mente contemporaneamente sia l’obiettivo che il punto di caduta corriamo il concreto rischio che, inconsciamente, il nostro cervello sposti il proprio focus su quello dei due elementi che si adatta meglio alle proprio esigenze, risparmio energetico e minor stress possibile. Tra i due il punto di caduta presenta entrambe le caratteristiche. Per sua natura è posizionato al di sotto dell’obiettivo principale e, pertanto, è, o quanto meno appare, più facilmente e rapidamente raggiungibile; coniuga pertanto il maggior risparmio di energie e di tempo, impiegando una quota minore di tempo di esposizione allo stress della trattativa.

Senza nemmeno rendercene conto il punto di caduta arriva a sostituire l’obiettivo e quello che doveva essere un punto di forza, ovvero il limite sotto cui non cadere, diviene una vera e propria trappola. Pur raggiungendo l’accordo, lo stesso risulta meno di quello che si sarebbe voluto ottenere. Ne discendono frustrazione ed insoddisfazione; crescono dubbi circa le reali capacità di raggiungimento dell’obiettivo fissato (e sfumato) e si rinforza la sensazione di aver “ceduto” troppo presto. Il tutto con nefasti effetti per l’autostima e per la reputazione dei negoziatori professionisti.

Fortunatamente è possibile evitare di cadere in questa trappola con un semplice accorgimento.

Ferma la precisa definizione degli obiettivi negoziali e del proprio punto di caduta, si deve, prima di tutto, mettere nero su bianco il proprio obiettivo, cioè scriverlo: le ricerche consigliano l’utilizzo di carta e penna, in quanto la scrittura è mezzo molto efficace per imprimere un concetto nella mente e la carta è un supporto facilmente trasportabile.

Poi, prima di ogni trattativa vera e propria, poi, è bene “ripassarlo” e portarlo con sé al tavolo delle trattative per fare in modo che si possa mantenere il focus su di un unico elemento senza farsi distrarre dal “rumore” di fondo dell’ansia e rischiare di cadere nella trappola.

Nel caso poi di pericoloso avvicinamento al limite minimo il meccanismo della loss aversion – ovvero il meccanismo psicologico che si attiva per evitare di farci subire perdite – si attiverà per difenderci dalla perdita e ricorderà il nostro punto di caduta.

Nel mio portafoglio c’è uno spazio apposito per i bigliettini con trascritti i miei obiettivi negoziali. Un Collega, invece, utilizza, oramai quasi come rituale portafortuna, la tasca interna bassa della giacca, se in quella tasca c’è qualcosa, state sicuri che è il suo “pizzino”.