Inciampare è umano, iniziare a strisciare no! 

Suits è stata una di quelle serie di cui adori la prima stagione e sempre meno dalla seconda. Le ultime stagioni le ho viste più per abitudine che per vero interesse.
Nel tempo si sono perse le caratteristiche peculiari della serie e si è ridotta ad un Legal Drama come tanti altri.

Nella prima stagione i personaggi avevano delle caratteristiche specifiche, avevano un’etica e dei valori, ognuno con le proprie sfaccettature caratteriali; lo sviluppo successivo dei personaggi ha mostrato quella che potremmo definire come una dissonanza cognitiva.

Più si procedeva nelle serie e più i personaggi si rendevano disponibili a scendere a patti con i propri valori, fare azioni in contrasto con quelli e fare qualsiasi cosa per raggiungere gli obiettivi (sempre più spesso la salvezza dello studio)

La prima violazione dei propri valori, della propria centratura, ha avuto l’effetto di una crepa interiore che, non gestita, nel tempo si è allargata sempre di più.

Come quando sei a dieta, al primo (anche piccolo) cedimento, crolla tutta l’impalcatura, del resto “cosa sarà mai, è solo un biscotto sono stato/a bravo/a fino ad ora me lo merito”

È un comportamento umano, molto umano, troppo umano

Come si crea la crepa mentale

Nel 1969 l’equipe dell’Università di Stanford, guidata dal dott. Philip Zimbardo, condusse un esperimento di psicologia sociale

Abbandonarono due auto identiche in due diverse zone degli Stati Uniti: 

  • una nel Bronx, noto quartiere malfamato di New York
  • l’altra a Palo Alto, città benestante nel nord della California

Ben presto (poche ore) la prima auto fu vandalizzata, ciò che poteva essere rivenduto fu rubato mentre il resto distrutto.

A distanza di una settimana dall’inizio dell’esperimento della macchina non era rimasto che un lontano ricordo. L’altra macchina, invece, fu ritrovata intatta anche nei giorni a seguire.

Questi primi dati confermarono le aspettative relative al diverso tasso di criminalità delle due città.

I ricercatori aggiunsero una variabile, vero obiettivo dello studio, ovvero che al veicolo abbandonato a Paolo Alto fu rotto uno specchietto.
Entro poco anche questo veicolo, pur nella buona e poco criminosa città, fece la fine del gemello nel Bronx

Gli esisti sono stati poi confermati da altri esperimenti ripetuti in diversi contesti, esperimenti che prevedevano il medesimo procedimento

Tutti questi hanno rilevato il medesimo comportamento (anti)sociale.

Qualsiasi oggetto lasciato in ambienti abbandonati al degrado, all’incuria e al disordine, subiranno in poco tempo lo stesso tipo di trattamento.

In sostanza l’effetto di una piccola crepa, una incuria, autorizza (inconsciamente) le persone a sospendere i propri limiti sociali e fa sentire liberi di seguire quella strada di incuria “Autorizza” l’allargamento della crepa. Come mia figlia che allarga i buchi dei pantaloni, all’altezza delle ginocchia, con somma gioia di noi genitori (e della nonna sopratutto).

Da questo studio e da quello che mi ha suggerito Suits, mi è tornata alla mente, quindi, la citazione, erroneamente attribuita a Macchiavelli

Il fine giustifica i mezzi?

Se ritieni che il fine sia “nobile” e giusto puoi perseguirlo con qualsiasi mezzo?
Se per salvare il tuo studio o il tuo cliente sei chiamato/a a fare cose contrarie alla tua morale, ai tuoi valori o alla tua etica, sei disposto a farlo?
Sopratutto, sei disposto/a a farti carico delle conseguenze cognitive ed emotive?

La questione, infatti, non si esaurisce nel singolo fatto, discutibile quanto vogliamo, ma si estende al tempo successivo 

Una volta che si è aperta anche una sola crepa, per quanto piccola, inconsciamente ti stai dando il permesso di continuare per quella strada e sarà più facile procedervi in quanto avrai minori resistenze interiori, sino a che la piccola crepa sarà diventata una voragine

Di fatto ti vaccini al disagio di agire contro i tuoi valori, la tua morale e la tua etica, e puoi andare avanti aumentando il disagio sopportabile e con esso la dimensione della crepa

Il brutto è che è anche contagiosa nei confronti di chi ti circonda

Quindi il fine giustifica i mezzi?

Se non si tiene conto di questi effetti potremmo rispondere forse, nella realtà no se questi mezzi violano i valori

Il fine per me può giustificare i mezzi, se questi sono rispettosi ed in linea con gli elementi realmente importanti per l’agente (Perché, Visione, Missione e Valori) altrimenti non c’è fine che possa giustificare i mezzi

Del resto anche i più grandi eccidi della storia erano  perseguiti per un “giusto” fine, almeno per chi li ha perpetrati

Sicuramente fa fatica fare la scelta giusta per i giusti motivi agendo nel rispetto di questi, ma è molto più faticoso e debilitante agire violando i propri “punti cardine”

Vi è una dispersione di energia mentale nel accettare i compromessi valoriali così come per ricucire la frattura che hai creato

Dissonanza

Di fatto si va a creare una dissonanza cognitiva, ovvero quella situazione di elaborazione cognitiva complessa in cui credenze, nozioni, opinioni e comportamenti esplicitati dalla stessa persona sono in contrasto tra loro

Questa incoerenza produce la dissonanza cognitiva, che la persona cerca inconsciamente di eliminare o ridurre a causa del disagio psicologico che determina 

La dissonanza cognitiva distrae (parte della) mente inconscia che è orientata a sviluppare processi elaborativi colti a compensare la dissonanza e ritrovare l’equilibrio

Questa “distrazione” genera una maggiore stanchezza emotiva e cognitiva derivante da un disagio interiore ed una riduzione delle performance in quanto la mente dovrà gestire dei processi mentali inconsci e non potrai orientare interamente l’attenzione alle attività che devi svolgere

Ricordiamoci che il multitasking è una bella menzogna

Parafrasando il mio mentore Simon Sinek, per ritornare all’integrità e chiudere le dissonanze puoi rispettare questi tre elementi:

Chiarezza dello Scopo
Coerenza nei Valori
Disciplina nelle Azioni